Step #07 - Il mito

Il laser scanner, grazie all'estrema precisione che è in grado di raggiungere, viene spesso utilizzato dagli archeologi per scoprire e catalogare anche il più piccolo dettaglio presente su un reperto, che potrebbe svelare nuovi particolari, confutare teorie o addirittura stravolgerle completamente.

Siamo a Roma, nel 1899, ed è il 10 di un freddo gennaio: l'architetto e archeologo Giacomo Boni ha appena scoperto il sito del Lapis Niger situato nel Foro Romano. Un luogo che a partire dal nome (Pietra Nera), appare tormentato nel corso della storia romana da episodi sinistri e inquietanti, collegati a miti e leggende altrettanto oscure. Nonostante siano passati più di 120 anni, ancora oggi non esiste una teoria che metta d'accordo gli storici e gli archeologi su un tale mistero, e piuttosto che di "teorie" si dovrebbe forse parlare di suggestioni. C'è chi sostiene che il Lapis Niger fosse un santuario dedicato al dio del fuoco Vulcano e chi invece identifica questa piccola area come il luogo sacro della concordia tra i Romani e i Sabini, ma l'opinione più diffusa è un'altra, ed è incredibilmente impressionante: si pensa infatti che il sito sia stato il teatro di un avvenimento drammatico, ovvero l'uccisione e sepoltura di Romolo da parte dei senatori e, secondo il mito, la sua ascesa agli dei col nome di Quirino, dopo essere stato smembrato e fatto a pezzi come Dioniso. In sostanza, il Lapis Niger potrebbe essere il punto esatto in cui si trova la tomba del primo re di Roma.

 

A conferma della natura funesta del luogo, oltre alla pavimentazione di marmo nero (da qui il nome "Pietra Nera"), vi è una delle iscrizioni in latino pre-arcaico più antiche mai rinvenute, risalente al 575-555 a.C. e per questo molto difficile da decifrare, anche per via delle lacune dovute alle condizioni di conservazione, nonchè della posizione difficile da raggiungere. La traduzione del testo, sebbene frammentata, descrive infatti un avvertimento per chiunque osasse entrare in quel luogo sacro e profanare il sepolcro, pena la consacrazione agli dei degli inferi. Una sorta di maledizione quindi, per proteggere un santuario dotato anche di un altare e le statue scomparse di due leoni guardiani a sorvegliare l'ingresso.

 

 

 

Ed è proprio sull'iscrizione che la tecnologia del laser scanner CAM2 ARM di FARO ha aiutato gli interpreti a fare un po' di chiarezza, rilevando oltre 460 mila punti al secondo ad altissima definizione, con una precisione di 36 μm. Un primo risultato dell'acquisizione e analisi del modello tridimensionale dell'iscrizione è la scoperta di alcuni segni grafici che si pensava fossero casuali, e che potrebbero invece essere dei segni di punteggiatura utilizzati nelle prime scritture latine. Inoltre si sono scoperti graffi, errori e ripensamenti dell'incisore, e altri particolari impercettibili ad occhio nudo.

La decifrazione completa probabilmente non verrà mai alla luce, vista la mancanza effettiva di una parte della parete, e se da un lato questo non permetterà di scoprire tutti i misteri legati al Lapis Niger, dall'altro contribuirà a mantenere quell'intrigante alone di mistero e a lasciare spazio alla libera immaginazione, che sconfina tra storie, miti e leggende, riportandoci agli antichissimi tempi della Città Eterna.

 

 

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https://rometheimperialfora19952010.files.wordpress.com/2015/07/cslapis-3-luglio_def.pdf

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